Ecco la tappa più noiosa dell’intero giro della Sicilia in bici. I nostri amici conosciuti a Ragusa ci dicono che preferiscono avvicinarsi ad Agrigento in treno, saltando questo pezzo.
Io voglio dare ancora una possibilità alla Sicilia di stupirmi, e perciò partiamo. Scegliamo le strada statale perché non ci fidiamo più delle provinciali e soprattutto dei cani randagi: il traffico è scarso e i siciliani sono molto rispettosi. Anche i TIR che trasportano frutta ci sorpassano gentili.
Il territorio è pretamente agricolo, e paradossalmente risulta più curato. C’è ancora immondizia lungo le strade, ma in maniera molto minore.
La prima tappa è Gela, non proprio una meta turistica, però ci proviamo. Il tragitto fila liscio fino all’entrata della città quando, tra piloni e viadotti di infrastrutture mai terminate, tre cani di grossa taglia escono da un cancello a lato della strada e ci rincorrono. Giorgia con sangue freddo accelera; io rimasto indietro sono più a tiro e mi sposto sull’altro lato della strada proprio quando arrivano un paio di auto che intimoriscono i cani. Pericolo scampato anche questa volta.
La piazza anche qui è piena di gente alle 11 di mattina; i siciliani sembrano avere due toni: o molto cordiali e ossequiosi tra di loro, oppure molto irosi e polemici; oggi sembra di moda la polemica, ma lo possiamo immaginare visti i tempi che stiamo attraversando.
A Gela in piazza troviamo un fornaio dove con 5 € ci riempiamo le borse di panini, dolci e calzoni vari: il pranzo è servito in spiaggia. Pur con qualche rudere in ristrutturazione la spiaggia si rivela una delle migliori fin qui visitate, e il lungomare è finalmente degno di una città affacciata sulle onde; da qui l’Africa è vicina.
Arriviamo a Licata il primo pomeriggio, in tempo per farci un bagno; l’aspetto non è rassicurante però, il lungomare è costellato di ruderi incredibili, veramente inguardabili. Per fortuna l’appartamento che abbiamo trovato su AirBnb è enorme, pulitissimo e praticamente nuovo. Usciamo per cercare una spiaggia ma nuovamente veniamo respinti da un branco di cani sull’unica spiaggia pubblica della città; ripieghiamo sul centro commerciale per farci uno spuntino e anceh qui, a una rotonda in piena città, 5 cani ci inseguonon abbaiando.
Lo ripeto, non ho paura dei cani, ma so cosa può immaginare un cane quando vede una bicicletta in movimento, e non vorrei dovermi curare una ferita di una cane randagio in Sicilia ai tempi del COVID….
Nota positiva della serata: tra ia tanti ristoranti chiusi ne troviamo uno in centro, alla fine di un vicolo orrendo e decadente: nel silenzio del locale ci siamo noi, una coppia straniera e una cameriera poco loquace; ma il pesce è proprio buono; il conto invece un po’ elevato per il posto.