Ultime fatiche ciclistiche: arrivare in stazione ad Agrigento per prendere il regionale per Palermo. Ci facciamo strada nello scarno traffico locale del mattino; i bar però sono pieni di ragazzi ceh vanno a scuola, ma prima delle lezioni si fanno un bel cannolo alla crema. Anche noi ce ne meritiamo uno.
Il viaggio in treno scorre veloce nell’entroterra siciliano: la campagna è arsa dalla lunga estate e non particolarmente affascinante. Ogni tanto un paese si affaccia ai finestrini e il treno, stazione dopo stazione continua a caricare gente verso Palermo. In due ore siamo a Palermo. In breve consegniamo le bici al nostro tour operator che si trova poco distante. E’ in un piccolo negozietto ceh brulica di gente in partenza: chi fa la Sicily Divide, chi parte per un giro come il nostro.
Gli racconto delle nostre esperienze e di come la Sicilia sia molto trascurata: con la solita indulgenza meridionale trova sempre un problema più grande da chiamare in causa per non affrontare seriamente il fatto. Purtroppo credo che l’assuefazione a certe situazioni sia il problema più grande.
Palermo si rivela una sorpresa: passare dalla sgangherata Catania a qui sembra di tornare in Europa dall’Africa. La città ha un’impronta da capitale, con vialoni alberati enormi (sempre assediati da auto, moto e motorini di ogni tipo), parchi e persino un bel lungomare con un parco. Se fossimo a Berlino tutte queste auto sparirebbero e ci sarebbero tram, piste ciclabili e un sacco di negozi e bar con plateatici. Ogni tanto girando il centro e lasciando le vie più frequentate capita di trovare palazzi rovinati, rifiuti e macchine abbandonate, ma rispetto al resto della Sicilia vista è proprio poca cosa.