Pollino Bike Trip – Italy Coast to Coast – Pietrapertosa Tursi

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Dopo una notte di festa di paese, con balli e canti, fuochi d’artificio vari e spettacoli di Cabaret (e la delusione per i quarti di finale persi malamente dall’Italia) il paese dorme ancora alle otto di mattina.

Come al solito abbiamo difficoltà a farci fare una colazione decente così presto, ma ci accontentiamo di quel che c’è e partiamo alla volta di Tursi.

I cani randagi nei boschi del Sud.

La giornata è nuovamente splendida, non una nuvola in cielo; per fortuna la prima parte costeggia un folto bosco, e siamo all’ombra; è una strada poco segnata sulle carte che sale fino a circa 1300 metri, ma tutti ci assicurano che arriva fino a congiungersi alla statale. Siamo nel bosco e pedaliamo tanquilli, quando dalla mia sinistra escono tre grossi cani da pastore di taglia cosiderevole e cominciano a corrermi dietro; all’inizio sono tranquillo, cerco di aumentare un pò l’andatura tenendoli a distanza, poi comincio a preoccuparmi vedendoli insistere e pensando che dietro di me c’è Giorgia che forse non riesce a distanziarli. Accellero ancora un pò cercando di stancarli, tenendoli sempre a 5 metri, ma mi domando quanto poosso resistere a questa velocità con 20 kg di bagagliaio.

Ecco che come per incanto si stancano e mollano tutto d’un colpo; si fermano a lato della strada ansimando con la loro lingua a penzoloni, ed anche Giorgia passa incolume; non c’è che dire, un avvio col brivido per questa giornata che doveva essere di relax! Mi avevano messo in guardia dai tanti cani randagi presenti al Sud, ma questi in verità sembravano bonariamente dei cani da pastore.

I piccoli negozi di paese del Sud.

Pian piano usciamo dal bosco e ci portiamo sulla statale che da Accettura porta a Cirigliano; strada piacevole, ombrosa; vediamo parecchi forestali intenti alla manutenzione del bosco; qualcuno saluta, altri ci guardano stranamente; stanno bruciando un sacco di sterpaglie sul ciglio della strada; qui le banchine sono pulite e tutto sembra in ordine; a differenza delle statali che poi incontreremo in Calabria dove la segnaletica sarà completamente invasa da sterpaglie, canneti e qualche volta da oleandri alti fino a tre metri.

Arrivati a Cirigliano ci fermiamo nel bar centrale per prendere un caffé con gli spiccioli rimasti; siamo ancora senza soldi dalla sera prima ed anche qui nemmeno l’ombra di una banca; nel piccolo “General Store” di questo paesino ci arrangiamo un pò; bimbi irrequieti e nonni sonnacchiosi ci osservano muti; pensavamo in verità di stimolare più curiosità; pare uno di quei paesini senza nulla, in cui vedere arrivare due scemi in bici, uno dei quali fa fatica a parcheggiare la sua per l’evidente peso dovrebbe come minimo sucitare ilarità… invece nulla li distoglie dalle loro blande attività! Il paese è carino, arroccato su uno sperone all’ingresso della valle; un vecchio mastio segna il territorio; purtroppo è attorniato da costruzioni degli anni sessanta-settanta tra le più brutte che abbia mai visto.

Lasciamo senza tanti rimpianti il borgo e ci tuffiamo in fondovalle; la pendenza è sostenuta, le curve si susseguono veloci e faccio fatica a tenere la bici in strada; di slancio arriviamo sul fiume Sauro; fa nuovamente un caldo infernale, per fortuna troviamo l’ennesima insperata a fontana (all’incrocio della statale, notiamo due camionisti che si riforniscono…) ed un vento favorevole che ci spinge fino al bivio con la valle del fiume Agri e poi fino a Caprarico; il paesaggio è da film western, e non fosse per il nastro d’asfalto davanti a me nella calura che deforma le immagini all’orizzonte mi aspetterei di vedere cavalcare incontro a me una tribù di nativi americani.

A Caprarico non ce la facciamo proprio più dal caldo; ci fermiamo nell’unico bar lungo la strada cercando d i far passare un pò il solleone; deve essere proprio l’unico perché incrociamo due turiste inglesi con auto a nolo un tantino sovrappeso che si sono perse, e cercano la strada per Maratea; Giorgia fornisce anche loro i primi rudimenti di italiano e loro se ne vanno ringraziandoci, nella loro fresca utilitaria dall’aria condizionata.

Cerco di sonnecchiare un pò. e come per magia il posto che ci sembrava sperduto in mezzo al nulla si anima come non mai; di colpo si fermano decine di persone; tutte chiamano per nome la signora Teresa che gestisce il posto; chi porta della verdura in vendita, chi prende un caffé chi una bibita; in poco siamo circondati da un gruppo di operai napoletani incuriositi del nostro viaggio; sono i primi interessati e ben volentieri facciamo due chiacchere; ci offrono della Coca Cola fresca e con questo calore ci vuole proprio.

Il calore della gente del Sud.

Poi anche Teresa che in un primo momento ci era sembrata scontrosa ci regala un kg di pesche dolcissime appena colte; ancora una volta queste persone  ci stupiscono per la strana freddezza iniziale e per il calore umano una volta rotto il ghiaccio.

Uno dei napoletani mi vede intento a leggere Gomorra, il libro di Saviano; mi dice di non leggerlo, che non tutta Napoli è come risulta dipinta nel libro; di seguito parte una conversazione proprio “da bar” sulla vera anima napoletana; ogniuno conosce un aneddoto da cui si evince che i napoletani sono buoni di cuore, disponibili e generosi. Ognuno ha un amico caro di Napoli e così via; nella calura del pomeriggio ci perdiamo con loro nelle chiacchere più banali che però ci mettono a nostro agio in un posto così lontano e diverso dal nostro.

Nel pomeriggio tardi ripartiamo alla volta della nostra mea, Tursi; si pedala in rigogliose campagne di agrumeti, a fianco dell’invaso artificiale del Lago di Gannano; il caldo si fa sentire, ma anche la brezza che viene dallo Ionio ormai vicino; la tentazione di lasciarsi andare fino al mare è forte, gli ultimi tornanti per salire alla Rabatana, il quartiere arabo di Tursi, sono faticosi.

La Rabatana è il quartiere arabo della città sorto intorno al primordiale castello; le abitazioni sono rozze, squadrate, alcune riadattate in maniera gentile, altre proprio decadenti; ci fermiamo nella piazza della chiesa; una signora vestita di nero mi si fa incontro, poi comincia a sproloquiare nel dialetto locale per me incomprensibile; mi sembra di essere un intruso in calzoncini corti, la sensazione di disagio è data dal fatto che non sembriamo essere accolti bene. Il tutto poi viene risolto da un signore che interviene e ci piega come raggiungere Tursi a piedi, lungo la scalinata fatta costruire nel seicento; man mano che scendiamo lungo l’acciottolato le costruzioni perdono di personalità; compaiono infissi di metallo poco integrati ,vecchie insegne in disuso, un ufficio postale in rovina; gli unici mezzi che ancora ci passano nei vicoli sono moto o vecchie 500 che inarrestabili salgono gli stretti tornanti a suon di doppiette e grattate del cambio; il tutto ha un’aria trasandata che stona con la presenza umana che si evince dai panni stesi, dalle verande e dal ronzio di qualche apparecchio elettrico.

Ci fermiamo nella piazza sottostante per confermare la camera del B&B ma la signora ci fascendere ulteriormente verso la città nuova , che risulta essere un lungo viale circondato da pallazzoni anonimi e squllidi; pullula di gente a quest’ora,  i bar sono pieni non per l’aperitivo ma per la briscoletta pomeridiana.

 Pietrapertosa Tursi KML file

Dobbiamo ancora fare i conti con la scarsità dei servizi della zona; il B&B no nè altro che un appartamento riadattato; l’acqua clada non funziona, poco male visto la calura che ci portiamo appresso, però come spesso accade qui in Basilicata, l’acqua è gelida come appena sgorgata da una fonte alpina; la signora si fa in quattro per chiamare l’idraulico che arriva a doccia fatta ed accende la caldaia; come al solito disorganizzazione e buona volontà si mischiano sempre da queste parti; quello che manca ogni volta è una regolare ricevuta, che i titolari affermano di volerci spedire a casa!

Ne parliamo la sera con il padrone del ristorante dove andiamo a mangiare;  mi dice che i ristoranti ed alberghi sono ancora tutti messi in piedi da gente che ha fatto fortuna all’estero; chi in Svizzera, chi in Germania; mancano di professionalità perché non hanno mai studiato o lavorato; concorda con noi che i posti hanno delle potenzialità di sviluppo che altre zone d’Italia ormai non hanno più.

 

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