Chiudiamo questo bistrattato 2020 con una scialpinistica dalla porta di casa. Le limitazioni dei giorni rossi del lockdown per il COVID-19 infatti impongono di rimanere all’interno del proprio comune; così mentre gl iamici trentin ie perzenaiteri si sfogano legalmente sulle nevi del Bondone e della Panarotta, a noi rimane la Vigolana.
Montagna severa che ho sempre davanti alla finestra di casa, ma che poco si adatta allo scialpinismo invernale: nonostante 12 anni fa di questi tempi avessimo fatto la traversata dell’intero massiccio fino a Costa di Folgaria, il versante verso Vigolo si presta più che altro a canali primaverili, come per esempio il Becco di Filadonna o la val Larga, solo per citare alcuni itinerari percorsi su questo sito.
Partiamo presto da casa, aspettando la luce del giorno, non sapendo che i vigolani, quelli veri, sono già praticamente in Derocca.
noi scegliamo la via che passa dal Baito dei cacciatori e dalal Cava del Friz per il sentiero classico 450, le “zete vecie” come le chiamano i villici, ma che per me rimangono l’unico itinerario per la cima, con le zete regolari e dalla pendenza carrabile, quelle che faccio sempre in discesa in mountain bike e con i bimbi.
Quando incrociamo il 450 bis le loro orme non ci sono molto d’aiuto, e continuiamo a battere traccia fino al Sass de l’Aquila, quando mettiamo i ramponi. Per fortuna c’è un po’ di sole, il freddo cominciava a intorpidirmi le mani: erano – 5 in partenza ma in cima saremo a -15 almeno, visto che metto le manopole di piuma in salita, cosa quanto mai rara.
Dopo la faticaccia in su sciata troppo breve in giù; neve incredibilmente polverosa, ma bosco troppo fitto e ripido per essere sciato con scioltezza; ho fatto bene a mettere il casco perché un paio di volte l’ho rischiata!!