E’ con apprensione che prendo in mano le picche; mi guardo in giro nel silenzio irreale dell’alba, interrotto dallo sferragliare delll’attrezzatura da scalata; sono proprio qua, ai piedi della Nord della Presanella, un sogno cullato da parecchio tempo. Luca è lì davanti che scruta il percorso, è impaziente di partire.
Non è iniziato tutto bene, fin da ieri sera; la solita corsa trafelata all’uscita dell’ufficio, una spesa frettolosa e ci siamo trovati all’inizio della strada del forte Pozzi Alti tutti agitati come non mai; io in più ho anche rovesciato la borraccia nello zaino, poi ho bucato una ruota su quella strada infernale e sono dovuto salire con il ruotino; Luca invece ha quasi sfondato la marmitta e da un momento all’altro rischia di perderla. Siamo poi arrivati al rifugio Denza e ce le siamo sentite dal gestore che ci ha preparato frettolosamente una pasta scotta alle nove di sera, rifiutandosi di prepararci la colazione perché “E’ troppo presto e ho da fare tutto il giorno” (certo, sei il gestore del rifugio, guarda un pò!!). non contento di questo ci ha detto di partire prestissimo (alle tre siamo già in marcia) temendo uno sciogliersi della neve ed invece fa un freddo cane.
Vabbeh, guardo Gianmarco e gli dico che parto, anche se non sono proprio convintissimo, del resto è la mia prima esperienza su una parete del genere; non temo la fatica fisica, solo spero di non fare errori perché abbiamo deciso di non legarci e non vorrei volare, tantomeno passare sopra a qualcun altro; guardo in su verso Nicola e Luca e comincio a menare di picozza anche io.
Con mia sorpresa risulta tutto abbastanza facile; le picche netrano bene ed anche i ramponi; comincio a divertirmi e ad acquisire sicurezza; mi volto a vedere come stanno Gianmarco e Willy che mi fanno un cenno di saluto.
Vado su con regolarità e raggiungo i due; si sta bene perché il sole comincia a scaldare le ossa e con il bel tempo il morale migliora e le tensioni si stemperano.
Arriviamo in un punto un pò critico in cui un pò di vetrato non da sicurezza; Luca mena di gran lena la picozza e spacca un paio di pezzi di ghiaccio che in un baleno mi sono addosso; mi proteggo con la picozza. Non mi ero reso conto della velocità dei pezzi, e pensare che potrei cedere con la stessa velocità mi fa un pò rabbrividire. Quando arrivo io non c’è quasi più ghiaccio; potrei deviare verso il centro della parete ma preferisco infilare la picca tra le rocce per un paio di metri e proseguo.
Ultimi metri, la salita si impenna un attimo per la presenza della solita meringa di neve; una ultima occhiata alla parete e poi ci incaminiamo verso la cima; la discesa con gli sci non sembra impossibile, ma non certo con questa neve.
In cima abbiamo tutti un freddo cane, evidentemente le raccomandazioni del gestore del Denza erano superflue; cerchiamo di fare qualche foto ma tutte le macchine sono bloccate dal freddo; allora ci dirigiamo presto verso la sella Frenshfield, dove un piccolo catino ci regala un pò di tepore dove riposarci un attimo.
Passata la sella ci buttiamo con gli sci nel ghiacciaio fino a lrifugio; la giornata è splendidamente fredda, ottima per arrampicare ma quasi troppo per sciare; le lamine grattano come fossimo a gennaio.
Prima delle ultime curve sopra il rifugio ci voltiamo a dare un’occhiata alla Nord, con le nostre evidenti tracce che la solcano.
Riguardo le foto (le più belle, quelle dove ti caghi sotto però non le hai messe) con nostalagia. Siamo gli ultimi dei moicani, e chi potrà più salire la nord chiacchierando? Oggi l’ho rivista, la si riconosce da lontano per la lugubre striscia di ghiaccio nero, la base è una fascia trasversale di roccia. Insomma, sei riuscito a scamparti definitivamente la discesa sci ai piedi. Vabbe’ facciamoci una birra che è meglio…
Rispondi