Martalar, l’artista del lego di Vaia ha colpito di nuovo. Dopo che il Drago di Vaia, la prima delle opere da lui ideate con il legno degli schianti della tempesta di Vaia del 2018, è stato bruciato da ignoti, ha risposto con un’altra eccezionale opera d’arte.
L’idea è magnifica; ricostruire un drago con il legno bruciato.
Non l’opera distruttrice della natura questa volta ha dato la genesi a un’opera d’arte, ma la mano stolta dell’uomo.
Molti possono essere i motivi per cui sia successo; dalla banale invidia fino alla ben più problematica insofferenza verso il turismo dei selfie che queste opere hanno generato. La land art non è una novità; in fondo, i giardini ottocenteschi all’italiana che hanno riempito i parchi di tutta Europa non sono altro che la rappresentazione in forma artistica della natura; per non parlare di Arte Sella, che da anni, silenziosamente e senza tanti clamori, propone questo format. La montagna da sola non basta più evidentemente: non bastano i boschi, i profumi, l’aria pulita, i funghi, i fiori, gli uccelli, la selvaggina. Per attirare nuovi turisti occorre inventarsi i percorsi sensoriali, tipo “Il respiro degli alberi” lungo la strada del Tomazol per esempio).
Io invece riesco ancora a stuprimi e a godere di momenti come quello di oggi, quando con il fido Bicio siamo finiti per sbaglio in un campo di fragoline di bosco.