Tra una visita all’apiario, l’orto e qualche uscita in bici sono riuscito a ritagliarmi un po’ di tempo per fare più di una capatina al Film Festival della Montagna a Trento. Per me un must di inizio maggio, come il Bike Festival a Riva del Garda. Atmosfera sempre rilassante, una panino al Campo Base all’ex s. Chiara dove da 20 anni ormai i vecioti dell’Argentario preparano un ottimo tortél di patate, e la giacca Montura d’obbligo, per sembrare almeno un alpinista.
La Grand Messe.
Genziana d’oro a questo divertente e carinissimo film che racconta alcuni dei fanatici che seguono il Tour de France sul Col du Torumalet. Strappa qualche sorriso e anche qualche applauso a scena aperta per il bizzarro comportamento di un gruppo di pensionati in gita con il loro camper; è un film che lascia in disparte e giustamente sfocati i ciclisti che vengono nominati raramente e passano nello sfondo per 5 secondi di un film che peraltro dura più di 70 minuti. Secondo me non proprio il miglior film; va bene per un pubblico molto vasto; forse i veri appassionati avrebbero voluto vedere un po’ più di ciclismo e del mondo che ruota intorno, ma sicuramente l’intento del regista non era questo.
Amundsen.
Amundsen è stato presentato al Festival in prima europea; è un vero e proprio kolossal con scenografie spettacolari, anche se un po’ finte. Certe scene infatti sono talmente pasticciate che sembrano di un film di serie B: l’attacco dell’orso per esempio non ha niente a che vedere con l’attacco all’orso del film Revenant per esempio; quando il veliero passa intorno alla schiera di iceberg si vede che è un modellino da studio, così come le riprese notturne. Però la storia anche se nota è molto avvincente; getta una luce un po’ sinistra su un eroe del tempo che, come tutte le persone che si spingono molto al di là che i propri limiti, rischiano di tralasciare chi sta loro intorno, che siano compagni, comprimari o affetti. Sono personaggi e non persone e quindi a livello umano lasciano un po’ desiderare.
Ritorno a Mount Kennedy
Sorpresa di questo festival, per una storia assurda che intreccia personaggi famosi e meno famosi; scalatori, rockstar, politici, tutti assieme in un film che racconta l’amicizia di due personaggi particolari. Così troviamo Eddie Vedder dei Pearl Jam a fianco di uno dei figli del primo americano sul K2, assieme a uno dei discendenti dei Kennedy. La storia molto rock secondo me ha da insegnare qualcosa sui rapporti umani, in special modo sui rapporti padre e figlio; se infatti il padre del protagonista avesse contrastato l’indole esuberante del figlio probabilmente quest’ultimo non sarebbe diventato il manager dei Mudhoney e poi dei REM.
Bambo stories
Bellissime immagini per un film che racconta la vita dei tagliatori di bamboo del Bangladesh, che passano metà della loro vita in foresta impegnati nel taglio delle piante migliori e l’altra metà nell’allestimento di enormi insiemi di zattere per il loro trasporto fino ai mercati. Il film è molto lento e richiede notevole concentrazione per capirne tutte le sfumature e gli aspetti, accompagnato da immagini panoramiche bellissime. Potrebbe essere più corto dell’ora e mezza, ma ne vale la pena.
Fine Lines
Ecco il film d’alpinismo che mette tutti d’accordo: i puristi del festival e gli amanti delle belle immagini e delle belle storie, con un omaggio a uno dei recenti alpinisti scomparsi che fa riflettere. In questa intervista in fatti alal domanda di come vorrebbe essere ricordato, quasi una premonizione, risponde che non ambisce ad essere alcun modello, ma di essere soddisfatto semplicemente di poter fare ciò che ama. Una decina di arrampicatori professionisti, snowboarder, base jumper affrontano i temi dell’alpinismo; dalle motivazioni dell’inizio alla passione, se pensano di essere gifted ovvero talentuosi e il rapporto con rischio e con la paura. La paura è quella cosa che nella arrampicata devi evitare perché devi andare oltre il tuo limite mentre se sei in montagna, dice dice uno dei protagonisti, la paura ti può salvare la vita. Per Messner per esempio la paura di fallire ti fa allenare molto duramente e stimola un piacere enorme nel vedere i progressi. Per lui rischio è un qualcosa che va calcolato e diviene pericolo se non calcoli attentamente tutte le variabili. Si parla poi di rapporto con i social media che hanno cambiato completamente l’atteggiamento dell’arrampicatore; Lynn Hill dice che negli anni 60 vantarsi era avevo visto negativamente mentre adesso tutti si vantano di quello che hanno fatto appena lo hanno realizzato. “Invece che pensare al prossimo passaggio penso a cosa scrivere sui post!” afferma una climber. Un film per appassionati ma non solo e per questo credo abbia vinto il premio del pubblico.