Questo film farebbe gruppo con [intlink id=”101″ type=”post”]Into the wild[/intlink], o con [intlink id=”1186″ type=”post”]Nanaga Parbat[/intlink] oppure ancora con La morte sospesa di Joe Simpson, pur non avendone lo steso pathos e lo stessa forza comunicativa; un film molto americano insomma, con musica intelligentemente ritmica ed immagini da videoclip, belle ragazze che coinvolgono fino ad un certo punto; sembra quasi un paradosso della nostra età tecnologica; siamo sommersi da immagini e da suoni tutto il giorno e non riusciamo a comunicare nulla.
Allo stesso modo l’autore (Aron Ralston veramente si è amputato i lbraccio per uscire dal canyon) pur con tutte le diavolerie tecnologiche ostentate (e con i marchi bene in vista durante il film….) che registrano ogni attimo della sua sofferenza non riesce (almeno in me) a suscitare compassione od ammirazione, partecipazione o semplicemente pena. Sarà il personaggio volutamente strafottente (ma non con l’intelligenza di Alex Supertramp certo…), sarà l’inutilità delle sue azioni solitarie, ma non riesce a convincermi.
Di certo c’è l’ammirazione per il gesto che gli ha permesso di salvarsi al vita; e non è un caso che egli sia tornato ad arrampicare, persone come quste sono sicuramente fuori dal comune.
eila giuliano,
l’ho visto anch’io,..anche a me non ha convinto del tutto, ma al paragone delle uscite cinematografiche degli ultimi mesi la trovo una boccata di ossigeno, se non altro per il grande regista boyle e il tema trattato cioé rapporto uomo e natura,…
un saluto
federico