Fronte austriaco e fronte italiano, il confine esiste ancora? Siamo ancora qui, dopo 100 anni a domandarci se il confine, quella sottile linea immaginaria che gli uomini disegnano su carta esista ancora; eppure passando dalla piana di Vezzena e dirigendomi verso il Veneto c ‘è qualcosa che si nota, che torna d’attualità ripetutamente, ogni volta che quel venetaccio di Stella attacca il Trentino e la sua luccicante autonomia dalle colonne del Corriere. E’ la gestione del territorio che in terra veneta si traduce in assalto alla montagna e che appare in tutta la sua crudeltà: appena varcato il confine comincia il traffico della auto sulle strade forestali; splendenti SUV metallizzati parcheggiati ovunque, da Malga Manazzo a Malga Larici in poi a sporcare i lucidi cerchi in lega di polvere degli altipiani.
Sto pedalando con fatica su un tratto di strada sassoso, mi faccio largo con educazione tra un gruppo di camminatori, cercando di disturbarli ma da dietro mi pedina una SW a passo d’uomo, sfrizionando per procedere e guadagnare 100, 200 metri in più di accesso all’Alpe. Mi sembra un quadro anacronistico, come le copertine di Quattroruote degli anni sessanta, con le 500 o le 600 FIAT parcheggiate sul prato e la allegra famigliola in pic-nic a fianco.
Eppure siamo alla stessa quota, nello stesso posto, differente solo perché, appunto, 100 anni fa di là era Impero e di qua italico Regno. Ed al quarto SUV che mi supera sulla strada immersa nel bosco del Monte Verena mi viene un impeto di orgoglio ambientalista, e vorrei bloccare questa inutile carovana; mi avvicino mulinando i pedali, pronto a tirare fuori il dito moralizzatore, quando il distinto signore uscito in eleganti bermuda bianchi dall’auto fa scendere l’anziana madre in carrozzella per farle godere un po’ di fresco.
“Mama, te ricordet come xera beo ‘sti ani ‘ndare par fonghi?“.
Il suo dialetto strascicato pone fine al mio assalto alla GreenPeace de noatri.
Salendo al Verena poi una signora in infradito mi domanda innocentemente: “Ma quanto ghelo a vagnir su da chi?“…. come a dire… ma tu da dove cribbio sei salita scusa?
Scoprirò poi che un impianto di risalita arriva sulla cima dall’altra parte.
Il morale va sempre più basso, quando poi quasi sulla cima mi sorpassa una comitiva di Quad comincio a sentirmi decisamente uno sfigato, partito ormai da 90 km da casa armato solo di buona volontà e del mio carbo-cavallo, leggero e silenzioso, poco impattante nella quiete del bosco: ma chi me lo fa fare? In fondo, la stessa vista al posso godere anche dal sellino di un quad???
Chissà tutte le persone che sono morte attorno a questa linea immaginaria che cosa penserebbero; persone che hanno scavato gallerie, che hanno portato cannoni in cima alla montagna, che sono corse incontro nella notte al fuoco nemico in attacchi insensati.
E’ anche questo quello per cui sono morti?
Nota del Giro: partito da casa con l’obbiettivo di rientrare mi sono fermato per il pranzo a casa dell’amico Lucio a Masetti, quindi solo 95 km con 3000 m di dislivello; salita a Bocchetta Portule sempre infernale con ciottoli smossi; fontana fantastica a Bocchetta Portule, me la ricordavo da questo giro dell’Ortigara,discesa del monte Meatta (dopo Bocchetta Portule) sempre bella, salita al Verena con strada piena di sassi, ho deviato per fare un po’ di asfalto per accorciare i tempi, ero in ritardo per il pranzo!