Ero partito per salire a Cima Vezzena (o Pizzo di Levico) per poi riprovare a scendere da Porta Manazzo, più o meno secondo questo giro o questo.
Patito in ritardo per essere andato di buon mattino a cercare di risollevare la stagione orticola con sonore zappate alle infestanti nella quiete mattutina, ho fatto praticamente tutta una tirata fino alla cima, facendomi educatamente largo tra bipedi vicentini e biker dotati di batteria; in verità ben più socievoli i primi dei secondi, che sembrano di un’altra dimensione; se poi li superi in salita ci rimangono persino male.
Dalla cima sono sceso verso il versante veneto dovendo fare zig zag tra enormi tronchi; quello che una volta era un bel bosco sopra la Malga è diventata una radura. Tornato sui miei passi decido di rientrare sul lago cercando un’altra via. Arrivato alla baita dei Cangi trovo inaspettatamente una famigliola salita da Santa Giuliana. Mi assicurano che il sentiero è fattibile, cosa sentono le mie orecchie?? Per una volta che i bipedi non nutrono dubbi sulle mie capacità di biker tanto vale approfittarne! “Stai attento solo a una carcassa squarciata di capriolo… non si sa mai che ci sia un lupo!” mi dice il capofamiglia.
Tutto ciò mi intriga ancor di più e comincio la discesa fischiettando sonoramente per avvertire del mio arrivo l’ignaro carnivoro.
Purtroppo dopo una prima parte molto bella il tovo si rivela violentato dalle ultime tempeste e acquazzoni; si rivela impraticabile un bel po’ e alla fine , a parte alcuni tratti, se ne va anche il divertimento. Non credo che una bici diversa dal mio carbocavallo rigido con 100 m davanti avrei fatto di meglio. Ripensando al giro fatto ormai 11 anni fa mi domando come abbia fatto Giorgia a scendere senza togliermi definitivamente il saluto.
Per capirci basta confrontare l’ultima volta che ho fatto questa discesa, nel 2014: Strava mi dice che ho peggiorato di ben 7 minuti!