“Xe paseo coa bicicleta?” mi chiede una vicentina incontrata lungo il percorso.
E’ agosto e si sa, gli altipiani sono il giardino di casa dei cugini veneti; solitamente non ci faccio caso ai dubbi dei bipedi, ma questa volta comincio a nutrire seri dubbi di riuscire a chiudere il giro.
La strada della Stanga da anni mi incuriosiva e mi ero tenuto alla larga in base a racconti di ciclisti esploratori (uno su tutti il mitico Bonny che giusto dieci giorni fa ho visto con il casco, udite! udite!) che erano tornati indietro con le pive nel sacco; stavolta incuriosito ho deviato dal solito giro del [intlink id=”56″ type=”post”]Tomazol [/intlink]e mi sono buttato, incurante dei divieti, lungo il sentiero 219 ormai sbarrato.
La strada è fantastica; pendenza costante, larga quanto basta per il transito nei due sensi, i paracarri disposti ordinatamente verso il precipizio del Centa; dall’altra parte della valle una vista inconsueta del Becco di Filadonna e delle pendici della Vigolana con Centa e Pian dei Pradi. Una piccola frana non fa desistere, si può continuare anche quando la stessa diventa sentiero e si arriva ai ruderi della osteria della stanga vera e propria, ovvero dove veniva esatto il pedaggio; di qui impossibile proseguire; il tratto non sarebbe difficile ma è altamente instabile e dove metti i piedi sprofondi in ghiaino leggero che frana a valle.
Qui si trova un pò di storia:
Colpo di scena!
Appena nominato incontro sulle strade di casa un redivivo Bonny con tanto di casco!!!!
L’incontro vale una foto celebrativa!