Siamo a Corvara, chiusi nel Westfalia di Max, a preparare le ultime cose meticolosamente; non siamo certo da classifica, però sarebbe brutto perdere tempo o ritirarsi per una crisi di fame, per aver preso freddo, o per una pelle in meno o altre cose del genere; il “settings” come lo chiama il mio amico nonché motivatore Marco è importante, e non bisogna cambiare le cose assodate prima di una gara di (almeno per noi) cinque ore.
Povero Marco, c’eravamo iscritti assieme, poi un suo impegno di lavoro mi ha costretto a chiedere a tutti quelli che conoscevo (ed anche a quelli che non conoscevo proprio bene) se volevano fare il Sellaronda con me, quasi fossi un piazzista da marketing piramidale. Alla fine il Max, conosciuto durante la gita in Brenta a Cima Pratofiorito ha acconsentito ad accompagnarmi, prima poco convinto, poi sempre più agguerrito.
Quale zaino prendere? Usare la visiera oppure gli occhiali? Usare il CamelBak oppure la borraccia? Mettere dentro la giacca oppure no? La settimana scorsa un vento freddo mi aveva particolarmente spaventato, e metto dentro due guanti di riserva (comprese le moffole d’alta montagna, non si sa mai in cima ai passi), un gilet ed una giacca; fa caldo alla partenza (8° C) ma in cima non si sa mai, e poi non si capisce bene se nevicherà o meno, se ci sarà vento.
Ultimo thé, e pronti alla partenza; nonostante le oltre 300 coppie le operazioni sono abbastanza veloci, ed alle 18:00 in punto si parte; la prima parte della salita verso il passo Capolongo è piana e scorrevole, ma non vale la pena dannarsi l’anima; bisogna stare attenti a non rompere bastoncini, a non farsi staccare le pelli nella confusione. Procediamo assieme, quasi sempre appaiati, il Max che lo ha fatto due anni fa mi detta il ritmo giusto in attesa della rampa sotto il passo; le pelli sono a posto, e nei falsipiani e nelle poche discese recuperiamo parecchi posti senza sforzo. Anceh se non è proprio una gara contro avversari ma contro il tempo e soprattutto contro i cancelli che inesorabilmente si potrebbero pararci davanti, fa sempre piacere guadagnare terreno. Alla partenza avevamo visto le pelli di una squadra competitiva; 4 cm solo montati sulla parte esterna per pattinare nei piani invece che far scorrere gli sci….roba da Formula 1 dello scialpinismo!!!
Sul ripido teniamo il “Passo dell’Alpino” del Max, ed arriviamo sciolti per fare il cambio in velocità; si parte per la prima discesa, che l’organizzazione ha detto essere parecchio ghiacciata; si rivela invece facile e veloce, però mi accorgo subito che i miei sci non scorrono per nulla, e Max mi lascia indietro subito; lo ritrovo che mi aspetta da una ventina di secondi ad Arabba, in mezzo ad un casino di gente che incita, urla e si diverte come non mai; anche il secondo cambio va bene e ripartiamo spediti per il Passo Pordoi. Anche questa salita scorre via veloce, e mi accorgo del percorso solo quando attraversiamo la statale e passiamo davanti a macchine ferme in attesa; allungo un pò senza volerlo, sul piano riesco a lanciare la gamba, ma non voglio forzare per nulla, la strada è ancora lunga; faccio le ultime falcate per prepararmi ed aiuto il Max nel cambio pelli. Partiamo più convinti per la discesa più tecnica, giù nel budello di piste fino a Canazei; cerco di mollare tutto il possibile ma ci sono alcuni punti non proprio facili, i numerosi passaggi (siamo 233esimi adesso) hanno scavato buche profonde dove conviene infilarsi ai 5o all’ora e sperare di uscirne. La luce del faro illumina ogni tanto qualcuno fermo a lato; vedo un senza sci ed un’altro che riemerge dalle reti a bordo pista incolume.
A Canazei arrivo con Max, che mi ha aspettato piuttosto che rischiare in discesa; facciamo il cambio in sintonia, stiamo ancora bene; saluto mia sorella confusa tra la folla, e ripartiamo convinti; la prima parte è una stradina parzialmente senza neve, appena arrivati sulle piste ripartiamo di slancio, ci sentiamo bene e sul ripido cominciamo a recuperare senza dannarci troppo, passo dopo passo. A metà incrociamo Bice, la morosa di Max che ci da un po di coca (cola) e ci incita vigorosamente.
Al Passo Sella troviamo gli amici di Vigolo; purtroppo Graziano non sta bene e si deve fermare; partiamo per la discesa fino a Selva; mi aggancio al bastoncino di Max per lunghi tratti, ha proprio sci più veloci dei miei e non c’è verso; riesco comunque a limitare i danni nei lunghi tratti a passo pattinato.
L’attraversamento di Selva ha qualcosa di particolare; una fila di persone in tuta con un faro potente sulla testa in mezzo a signore col pellicciotto, a ragazze truccate per la serata; facciamo a piedi un lungo tratto, nessuno corre e noi nemmeno; mi scappa l’occhio all’interno di un bar: ci sono larghe compagnie di gente che beve e si diverte come un normale venerdì sera e non fa caso a noi pazzi.
Decidiamo per sicurezza di montare pelli più sicure per l’ultima salita; è ripida e siamo stanchi, comincio a sentire un pò di fame e le prime falcate mi confermano la crisi; Max parte con il solito passo deciso, ma io arranco; cerco di mangiare uno dei miei snack ma non mi va proprio giù; chiedo a Maxd ipassarmi una di quelle bombe ipercaloriche semiliquide, altrimenti la vedo dura arrivare fnio al Pass Gardena. La ingoio e riparto piano piano; a parte le prime venti coppie che ci sono sfuggite oramai non ci sorpassa più nessuno; intorno a me vedo solo gente affaticata; Max sta davanti di cinque metri e ved odi non mollarlo, rimanere soli sarebbe peggio in questo momento; ogni tanto mi chiama, io rispondo all’appello con tutta la voce per fargli sentire che ci sono; la salita si rivela lunga, ripida nel primo tratto e piena di gobbe e sellette he ci nasondono la vista del passo. Sembra di non arrivare mai; al cambio esplodo di gioia, oramai la crisi è passata; mi fermo per bere un pò più di thé caldo e giù fino a Corvara.
La discesa si rivela altrettanto lunga, la facciamo in coppia come prima; sono numerosi i piani e le contropendenze che senza il bastoncino di Max nono sarei mai arrivato. tuttavia nei tratti di passo pattinatoritrovo forza econvinzione; urlo a Max “Ce la facciamo entro le cinque ore?” ma il vento si porta via le mie parole; ultimi strappi, ultimo sprint e finalmente l’arrivo: 4h 58′ 48”
Qui sotto i tempi parziali a confronto con i vincitori (toh, guardacaso un Giacomelli…)
pos | atleta1 | atleta2 | naz. | Tempo Finale | Corvara – Bec de Roces | Pos A | Bec de Roces – Arabba | Pos B | Arabba – Passo Pordoi | Pos C | Passo Pordoi – Canazei | Pos D | Canazei – Passo Sella | Pos E | Passo Sella – Selva Gardena | Pos F | Selva Gardena – Passo Gardena | Pos G | Passo Gardena – Corvara | Pos Z |
1 | LUNGER HANSJORG | GIACOMELLI GUIDO | I | 03:15:07.30 | 00.40.59 | 1 | 00.03.08 | 1 | 00.41.31 | 1 | 00.06.50 | 1 | 00.43.48 | 1 | 00.10.36 | 1 | 00.40.16 | 1 | 00.08.05 | 7 |
191 | ENDRIGHI MASSIMO | GIACOMELLI GIULIANO | I | 04:58:48.60 | 01.03.08 | 249 | 00.05.53 | 222 | 01.04.11 | 233 | 00.10.41 | 206 | 01.04.30 | 134 | 00.18.08 | 206 | 01.01.33 | 175 | 00.11.04 | 235 |
Ultima nota sulla gara: pur essendo un appuntamento ricco di fascino e famoso in tutto l’arco alpino, che oltretutto aspira a diventare prova di Coppa del Mondo, mi è sembrata una gara sottotono rispetto a quelle organizzate in altri sport. Mi è sembrata una incursione selvaggia e poco pubblicizzata in un mondo patinato, quello da discesa, che poco si è interessato all’evento. Maratone, la Rampilonga, la stessa Marcialonga che si svolge in queste valli, hanno molta più partecipazione sul pubblico e della gente comune
Alle 16:00, due ore prima della partenza, non era ancora montato lo striscione di partenza (era così difficile riservare 50 metri di pista baby??), non c’era speaker e musica; la zona dei pettorali era poco segnata, roba da gara di paese. Grande partecipazione di gente ai passi (molti volontari gentilissimi) e nei paesi di Arabba e Canazei; a Selva di Val Gardena sembravamo degli intusi, dovendo attraversare una strada dove non c’era nemmeno un vigile per le auto. La gente ci guardava come dei matti, probabilmente non sapendo nemmeno che esiste una cosa come il SellaRonda senza impianti.
Le discese sono poi ben segnalate, anche se in alcuni punti la conoscenza diretta è fondamentale.
All’arrivo poi nemmeno le docce? Ma ve la immaginate una maratona senza docce?