“Ma non dicevi che non volevi più fare gare?” dico a chi mi segue nella fila. Siamo qua in fila appunto per il solito rito: firma liberatoria, 20 € o poco più, pettorale e via.
Il compare non mi riconosce: eppure solo una settimana fa eravamo a tavola assieme dopo la gara della Plose. Mi aveva chiesto ospitalità al tavolo, con in mano un piatto di pasta (rigorosamente in bianco, come si conviene ai veri sportivi) e una pagnotta; si era seduto pensieroso e aveva bofonchiato qualcosa per ingannare il tempo. Chissà cosa avrà pensato; io sono uno del gruppo in effetti, mentre lui è uno da podio. Sono lontani in tempi in cui i campioni (o presunti tali) discutevano con i bisonti come me (come vengono chiamati per esempio alla Marcialonga) di tecnica e allenamenti. Mi ricordo uno dei primi campioni mondiali di scialpinismo, nonché soccorritore del Soccorso Alpino che si era distinto nella tragedia della Val Lasties, insegnarmi la giusta sequenza per velocizzare il cambio pelli proprio qui a Bellamonte, un bel po’ di anni fa.
In effetti il compare arriverà a podio, rifilandomi un bel po’ di minuti.
Del resto dall’età potrebbe essere mio figlio; anche se poi scopro rileggendo la classifica che ci sono un bel po’ di vecchietti che pestano proprio duro davanti a me; e alcune ragazze pure.
Io e Paolino facciamo un po’ di scaramucce sia in salita che in discesa: patisco in salita poi mi riprendo con un po’ di mestiere in discesa e nei cambi: arriviamo assieme; buono per il Sellaronda.