Boni tuti de far n’8000 al dì d’ancoi.
E fare un MILLE?
Sì sa l’alpinismo è in crisi di expolit, ci si deve inventare qualsiasi cosa pur di apparire sui giornali; partire da casa in monopattino bendato, attraversare l’A4 fino a Milano, scalare la Montagneta in perizoma d’inverno e ritornare nuotando nei canali al Po e poi controcorrente risalire l’Adige?
Puttantate; ci vuole ben altro.
Potrei scendere la Fricca rinchiuso in una barrique di rovere (dopo essermene scolato il contenuto ovviamente) e poi risalirla ballando il Meneito fino al Passo della Fricca.
Che vuoi che sia?
Voglia di record, di imprese sovraumane.
Visto che tutti vogliono salire in alto, visto che tutti vogliono fare la cima più alta del gruppo, la cima più alta del continente, le Sette Sorelle o che cribbio ne so io faccio la cima più bassa della Vigolana!
E’ sempre lei che mi chiama, la Vigolana; la vedo tutte le mattine, con i suoi contrafforti hymalaiani che mi occhieggiano scintillanti quando apro la finnestra; da lontano sembra una bastionata rocciosa compatta e maestosa, ma più ti avvicii sornione da sotto, lambendo le sue falde, ti accorgi che i volumi prendono importanza, le ombre giocano sulle pareti rivelando imperfezioni e piccole incisioni, come rughe sul volto di una bella donna che non ha paura dell’età.
Parcheggio l’auto al Café Nol, mi preparo meticolosamente come l’impresa merita e mi incammino per un breve tratto sci in spalla; un paio di auto lungo la statale mi fanno i fari, devo stare attento, qualcuno potrebbe rubarmi l’exploit; un ‘altra auto passa strombazzando e vedo chiaramente una mano che fa un eloquente gesto; anche Messner non è stato capito quando penso di salire il primo ottomila senza ossigeno.
Infilo gli sci in un prato tra due filari di mele, con un sottile olezzo di capra che mi accopagna; la stalla è vicina; questo itinerario non ha dunque niente da invidiare ai ben più blasonati dell’Alto Adige o della vicina Austria; comincio a macinare passo dopo passo, la neve è insidiosa, a fatico mi faccio strada tra la polvere alta fino a mezzo metro. Unica compagnia le tracce di alcuni animali che qui devono aver passato la notte; vedo infatti la cuccia che si sono scavati. Il bosco piano piano si infittisce e si fa buio; è pomeriggio e devo arrivare in vetta prima che faccia notte; questo infatti è uno dei principali errori che si fa; pensare ad arrivare in vetta e non a scendere.
Alcuni sentieri li conosco avendoli fatti di corsa ed in bici; la Vigolana incombe, i suoi bastioni severi sono nascosti dalle nubi; forse l’occasione è propiza e la finestra di bel tempo per l’attacco alla vetta non durerà a lungo, meglio sbrigarsi; domani infatti è prevista altra neve.
Il bosco lascia spazio agli ampi pendii sommitali; sento vicino il profumo della conquista quando nella penombra scorgo due traacce di sci….. NOOOOO!
Vuoi vedere che mi hanno soffiato la conquista? Le seguo curioso e dopo pochi metri per fortuna vedo che tornano indietro; evidentemente il tempo volgeva al brutto; l’occasione per me è ghiotta per mettere per primo le solette sulla cima del Doss Del Bue (che cima poi non è essendo un pascolo), 1057m; che sia una prima invernale anche se siamo in autunno?????
Come ogni buon alpinista che si rispetti nobilito l’impresa variando l’itinerario di discesa; seguo le racce el mio predecessore che scendono verso destra ,oltre il ruscello; prato dopo prato la sciata si rivela difficoltosa nella neve gessosa; ultime curve nei prati sopra Vattaro; il tramonto impreziosisce il bianco manto che lo avvolge.
In breve arrivo vicino al Café Nol, punto di partenza; obbiettivo raggiunto, la cima più bassa salita con gli sci!!