Tutta la vita davanti – Paolo Virzì

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I cattivi non sono sempre dei perdenti… i cattivi sono vincenti, hanno belle macchine e belle case, hanno una vita piena di impegni, di distrazioni e perché no, di amici; cattivi e stronzi come loro ma sempre amici.

Sul posto di lavoro sono degli squali certo (Massimo Ghini), altrimenti non sarebbero al loro posto.

Però a casa sono teneri con i figli, forti con le loro donne, magari un pò puttanieri, ma cortesi con le vecchiette alla fermata dell’autobus.

Qui invece i cattivi sono delle macchiette, evidenti prigionieri del ruolo che si sono scelti all’interno della società; fragili a loro volta di fronte ai problemi personali che certo il denaro e la bella vita non possono togliere. E’ questo forse l’unico neo dell’ultimo film di {it:Paolo Virzì}, che per il resto dipinge a tinte agrodolci la nostra povera Italia, fatta di intellettuali delusi e deludenti, di un popolo di precari incapace di sollevarsi da terra (i nuovi schiavi, soprattutto di sé stessi e della loro poca considerazione di sé che hanno), di abili manipolatori a loro volta manipolati, siano i direttori di un call center (Sabrina Ferrilli) o dei sindacalisti impegnati (Valerio Mastandrea).

La protagonista attraversa questo universo multicolore con l’innocenza di una bambina, ascoltando tutti e sorridendo sullo sfondo, finendo per raccogliere le confessioni da tutti; un trucchetto utilizzato ormai spesso nella fiulmografia attuale; quando si vuole indagare un fenomeno si pone una persona in forma astratta, fuori dalla routine; come Nanni Moretti in Caso Calmo; se ti fermi un attimo ed esci (o sei fuori) dal coro hai un punto di vista privilegiato.

Sono anni che ormai aspetto con insistenza i film di Virzì, perché mi raccontano com’è l’Italia veramente, dai tempi di “Ferie d’Agosto”; film che non ricevono il {it:battage} di uno spento Verdone o di un insulso film di Natale, ma che ci leggono dentro e fuori.

Assolutamente da vedere. Fa anche ridere.

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