Il male ha sempre il suo fascino.
Per questo sono sempre attratto da personaggi come Lance Armstrong; la sua caparbietà, la sua determinazione, la sua voglia di primeggiare sempre, la sua arroganza affascinano in un certo senso chi, come me, ne difetta. Ho già letto il suo libro “It’s not about the bike” sulla sua battaglia con il cancro, e poi il libro dei giornalisti del Washington Post che lo hanno inchiodato e sempre mi è rimasto impresso un senso di ammirazione per la determinazione con cui egli ha messo in piedi la sua grande menzogna, o come piace ai produttori del film ed all’USADA, “Il più grande programma di doping mai realizzato”.
Non intendo certo giustificarne il comportamento; mi ricordo in quegli anni come rimanemmo tutti stupiti dal ritorno alle gare di un malato di cancro cambiato nel fisico e nella mente,capace di battere, anzi ridicolizzare uno ad uno tutti gli scalatori ben più leggeri e scattanti di lui; si disse che chi aveva sconfitto il cancro poteva reggere carichi di lavoro immani senza soffrire, si disse che era così dimagrito che aveva potuto ricostruire il suo fisico plasmandolo sulla bici, si disse che aveva un nuovo modo di pedalare a 90 rpm in salita, mentre gli scalatori puri stancavano i muscoli in allunghi di potenza. In realtà oggi sappiamo che erano tutte balle inventate come contorno da un mondo omertoso che copriva una evidenza che avrebbe potuto essere già smascherata nel 1999 e che non fu rivelata per evitare al ciclismo un’altro scandalo dopo quello della Festina del 1998. Scandalo che avrebbe affossato definitivamente il Tour, il ciclismo e tutto il business che ci ruota attorno.
E così mentre celebriamo Trentin che vince la Parigi Tours a quasi 50 di media, Nibali che vince il Lombardia facendo fuoco e fiamme per tutta la gara davanti ad un Valverde che è in palla da gennaio, dopo aver fatto Tour e Vuelta, speriamo solo di non esserci illusi un’altra volta.
Per quanto riguarda il film, eccetto la parte iniziale dove fanno correre i ciclisti in montagna in autunno pensando di rappresentare il Tour de France (che si corre in luglio) e realizzando scene che sembrano prese da un filmino amatoriale, rende abbastanza bene l’idea per il grande pubblico. Pecca nel definire la figura di Armstrong, non sufficientemente articolata; la sua ossessione, il suo dispotismo, la sua passione per le donne non figurano; inoltre non viene presentata una figura importantissima per il protagonista, la madre, e non si menziona la sua giovinezza, il suo palmares sportivo nel nuoto e nel triathlon ed il fatto che anche quando vinse il mondiale di Oslo probabilmente era pieno di anabolizzanti.