Ennesima domenica sul Monte Bondone: a pochi passi dalla ressa della Capanna Viote si riesce a trovare ancora un po’ di pace e solitudine. Partiti vergognosamente tardi, dopo aver accompagnato i boci con Giorgia sulle piste da fondo e bevuto l’ennesimo caffè di una mattinata da storditi, trascino Paolino sulla Cima Verde per l’ennesima volta quest’inverno.
Salendo la mattina da Garniga ho intravisto un paio di linee di discesa: non mi ricordo l’ultima volta che l’ho fatta da questo versante; quest’inverno con David abbiamo preso una via meno diretta, inebriati dalla polvere che abbiamo trovato.
Dalla cima mi spingo verso la val d’Adige per scendere direttamente a nord.
Siamo scesi un po’ con due tipi incontrati in cima, non proprio chiacchieroni in realtà, cercando una via d’uscita sui salti finali. Paolino a un certo punto non capiva più dov’era e in un momento di sconforto di fronte ai canali di discesa ha esclamato: “Ma adesso dove andiamo?”, poi, rientrato nel bosco, ha apprezzato la bellezza selvaggia del posto concludendo: “Non sembra nemmeno di essere in Bondone!”
Eh già, basta poco per cercare un po’ di natura via dalla pazza folla. E pensare che sono tutti intorno all’unico bar aperto della piana, in fila per una birra o un brulé. Di questi tempi “arancioni”, avere un punto di ristoro che tira avanti nonostante le mille difficoltà, solo per soddisfare la nostra sete è un privilegio, e certa gente in fila invece non faceva che lamentarsi con frasi del tipo. “Dovrebbero metter lì un paio di persone in più!”
Certo, come se fosse facile precettare i dipendenti di domenica in domenica, sapendo che un giorno sei aperto e l’altro no, e che forse farai 100 coperti come nessuno e devi stare alla finestra guardingo a far sloggiare la gente per paura di ricever multe da solerti poliziotti. Mentre mangiavo un panino e bevevo il thé dalla thermos mi sono distratto con la varia umanità presente; tutta gente che poco a che fare con lo sci, venuta solo per prendere un po’ d’aria oppure per la tintarella primaverile. Mentre osservavo divertito un grupp odi cinquantenni flirtare intorno a uno stereo ceh mandava canzoni di Vasco a tutto volume, è sopraggiunta lei, quella che definirei la Regina delle Viote: accompagnata da un microscopico cagnolino con il cappottino (sia mai che prenda freddo il cucciolo…), ai piedi un paio di sneakers basse più bianche della neve che calpestavano e l’immancabile risvoltino con caviglia nuda. Introno alla vita un pellicciotto corto e due occhiali a specchio a nascondere lo sguardo.
Ma siamo in Bondone o a Cortina?
E tutto dalla piana delle Viote: inforco gli sci nuovamente e salgo in Palon: l’obbiettivo è farmi l’ultima discesa fino a Vaneze; risalgo lentamente sotto un sole cocente in tutta solitudine, ma girata l’ultima curva della pista sotto l’impianto della tripla improvvisamente mi sembra di essere a Rimini: l’esigua cima della Montagna di Trento è letteralmente coperta di scialpinisti (o scialpipisti dovrei dire?) multicolori svaccati al sole. In barba al distanziamento il gestore del locale, che dovrà recuperare tutto l’inverno, ha predisposto panche da sagra e tutti sono ammassati uno sull’altro con la birra in mano. Faccio slalom tra sci, racchette, volti abbronzati e sorridenti, come se fossimo a un concerto rock. Sinceramente mi trovo un po’ spaesato, non fosse altro per il periodo che stiamo vivendo. Trovo anche vecchi compagni di gite che notano il mio abbigliamento quantomeno ridondante: che ci faccio con l’ARTVA e la picozza sullo zaino in un contesto simile? A un certo punto vacillano le mie convinzioni e penso di esser io fuori posto, per cui forse è meglio scendere. La pista è in condizioni perfette, come neanche nelle migliori stagioni, e una sequenza di curve da gigante mi riappacifica alla montagna di Trento.
Comunque oggi tra il serio e il faceto in Bondone, the place to be come dicono i bondoneri, ho incontrato un sacco di amici: il Mene in incognito con cui abbiamo finto un litigio per l’ultimo parcheggio libero, il Permaloss che fa lo snob con il Lagorai, il Roberto del nuoto che sta a ruota nel riscaldamento, poi si stufa e ti da una vasca su un 100 stile, il Bicio che ci sta prendendo gusto con lo sci da fondo, il Paolino come detto, Max che mi ha svelato i segreti del GPS ormai 15 anni fa, il Michelino Losso lanciato sulle piste con la figlia, l’esploratore DeBertolini con il figlio e il fratello avvocato, Tovazzi e cognato PaoloCortona giunti a piedi da Cognola, la viaggiatrice Antonella, l’ombroso Bertolli, il Graffer con famiglia.
Insomma, un po’ di socialità che manca in questi tempi di pandemia.