Destagionalizzare.
E’ questo il mantra dei guru del marketing turistico. Spalmare i turisti per allungare la stagione. Così succede che a ferragosto non trovi un posto libero, ma nemmeno a fine ottobre stai largo: code ogni fine settimana sulla Gardesana, code in centro storico con mille diversi festival: dal miele all’economia, dall’uva alla filosofia.
Insomma il territorio non riposa mai. E noi con lui.
De-sta-gio-na-liz-za-re.
Più fuori stagione di così non potrebbe essere oggi il Bondone: siamo a fine settembre e qui sembra di essere a Novembre. E’ questo che penso mentre affronto solitario i tornati della salita Charly Gaul, che ha sempre il suo fascino, anche se mi risulta indigesta perché proprio qua il Gibo si prese proprio una bella scoppola da birillo Basso. Eppure la sequenza di tornanti è proprio bella, soprattutto nel tratto tra Sardagna e Candriai, quando i famosi sette tornanti si avviluppano uno sull’altro.
Mi sembrava d’esser in palla in questo periodo, ma non ho fatto i conti con il calo delle temperature e con questo insolito vento freddo. Sui tornanti sotto Candriai la velocità percepita mi sembra buona, poi guardo il GPS e vedo che sono ben al di sotto dei 15 all’ora che mi ero proposto: anche i segmenti di Strava hanno smesso di incitarmi come ai primi km e tutto tace. Arrivato a Vaneze finalmente lo sguardo si apre verso Ovest, e il Brenta sembra infreddolito pure lui, con le nubi sopra la sua testa che corrono veloci spinte dal vento nel silenzio della montagna. Fa dimenticare lo spettro di vecchi hotel in disarmo.
Sento ora arrivare delle moto: sono tedeschi sicuramente, li sento dal vigoroso borbottìo di bicilindrici teutonici che si contrappone al fischio dei pluricilindrici giapponesi degli indiavolati italiani; cerco di impegnarmi nella pedalata per non sembrare alla frutta, e l’ultimo ciccione della fila che lentamente mi supera fa onore al mio impegno salutandomi con la mano.
Chiudo onorevolmente la mia prova; tra i pochi locali aperti di fine stagione mi rifugio al Nicolussi, che in Bondone è un’istituzione; mi fa un thé la figlia che orgogliosamente mi racconta della sua famiglia, sulla montagna da più di 60 anni.
“E la funivia?” chiedo io “Non avete paura che trasformi Vason in una località da mordi e fuggi?”.
“No anzi, rivitalizzerà il paese, che potrebbe tornare a vivere, con una farmacia, la posta, una macelleria.” A pensarci bene sono tutte cose che per fortuna o purtroppo non frequento nemmeno nel mio paese. E poi penso come sia difficile vivere a 1600 metri; in tutto il Trentino dove ci sono posti abitati a queste quote? Vermiglio a 1200 metri, Canazei a 1400 mi sembrano avanposti di alta montagna.
Già, la funivia: tutti la vogliono ma nessuno sa come pagarla; tutti gli studi dicono che farà da volano a tutta una serie di attività che potenzierebbero il Bondone, salvo poi non accorgersi che queste attività già sono sviluppate e, forse, non sarà la funivia dar loro una spinta. Io stesso pur non frequentando gli impianti del Bondone mi faccio volentieri delle salite in pausa pranzo con le pelli, ma, a conti fatti, in 20 minuti dall’ufficio sono a Vaneze con l’auto. Potrei pensare alla funivia se trovassi un luogo per cambiarmi al caldo (e non nel gelido parcheggio della chiesetta di Vaneze!) con dei servizi. Cosa che peraltro avviene in grosse località sciistiche dove tutto è a noleggio. In Trentino non molto lontano da qua lo si trova al Passo Brocon: tutto chiavi in mano.
Adesso poi costruiranno dei percorsi di scialpinismo: il solo concetto mi fa rabbrividire: sarebbe come fare dei percorsi tracciati per barche a vela, o delle rotte per i piloti di parapendio o di deltaplano. E’ una contraddizione in termini, sono sport che vivono della libertà di muoversi nell’ambiente. Nulla sulla terra è come lo sci, dove puoi tracciare la tua via nel bianco, sia in salita sia in discesa. E’ vero che rispetto alle origini lo scialpinismo è cambiato ,è diventato fitness, attirando persone che prima non erano mai andate in montagna: adesso si chiama skifitness, o speedtouring; altri li chiamano scialpipisti o tutine. Gente dedita al cronometro e che scia solo in pista odve trova aprés-ski dove farsi una birra..
E io, che oggi ho un freddo becco tornerei giù in funivia? E questi cercatori di funghi sarebbero saliti in funivia, magari andando alla stazione con il cestello sotto braccio con l’autobus da casa? E il pilota di parapendio sopra di me sarebbe salito in funivia con la sua sacca? E quel freerider con cui ho chiacchierato in cima, armato di una bellissima Santacurz arancione, avrebbe approfittato della funivia per tagliare dislivello e divertirsi di più in discesa?
“E’ stato un piacere incontrarla!” mi ha detto rispettosissimo il giovane, a dispetto dell’abbigliamento da downhiller e dei vistosi piercing: devo essergli risultato simpatico perché gli ho raccontato che l’itinerario che aveva in mente, la traversata Cornetto. la Becca e Lago di Cei, io l’ho fatto 20 anni fa con una front a elastomeri.
Invertendo l’ordine dei fattori il prodotto non cambia: anni fa il corpo era giovane e flessibile e la bici rigida, oggi che il corpo si è fatto più rigido e scricchiola un po’ sono ricorso alla biammortizzata, ma il divertimento è lo stesso.
Alla Capanna Viote mi aspetta il Bicio, che ha ripreso di gusto ad andare in MTB dopo anni e si è fatto il giro dei colmi del Bondone partendo da casa. Anche quello è un bell’itinerario, meno freerider e più facile, roba anche da gravel che adesso van tanto di moda.
E ci scappa pure di vedere l’orso se sei fortunato.
Ci facciamo un cappuccino bello caldo condito dal sonoro “Buongiorno!” della ragazza al banco; ci sveglia dal torpore siberiano in cui siamo precipitati con questo clima. Sulla terrazza con vista delle Tre Cime imbronciate dalle nuvole il solito paio di tedeschi in moto e camminatori vari monturati pronti al giro delle Viote. C’è una specie di festival della LandArt e qualcuno ha costruito un bell’orso di paglia alto tre metri che troneggia in mezzo al prato. C’è un’aria tranquilla di fine stagione, ma la signora dietro il banco sta preparando piatti svelti a suon di fette di speck e formaggio: oggi ci si attende il pienone.
Le Tre Cime erano il vero obiettivo di giornata, da fare con la famiglia lungo il panoramico crinale e mostrare ai bambini la loro casa vista dall’alto; e magari cacciandoci dentro anche la ferratina Segata giusto per dare quel pizzico di avventura in più. Visto il forte vento la famiglia mi ha dato buca, preferendo rimanere a bassa quota.
Ecco, anche un po’ di alpinismo si può fare in Bondone: mi domando quanti trentini siano mai saliti fin lassù, d’estate o d’inverno.
Magari in bici con gli sci come qualcuno.
Con Bicio scendiamo chiaccherando verso Garniga: ci sorprendiamo dalla quantità di auto parcheggiate fino alle vecchie caserme: cercatori di funghi? Escursionisti? Alla fine capiamo che sono un gruppo di cinofili che fanno uno stage di addestramento canino sui prati delle Viote.
Il versante verso Garniga è proprio un altro mondo: i primi tornanti sono aperti e panoramici, e la val d’Adige sembra proprio sotto i nostri piedi; poi la strada diventa un budello di asfalto rotto e contorto in mezzo a faggete ombrose fino a Garniga Vecchia dove riappare il cielo.
Chissà come si fa a vivere in un posto così, in mezzo agli sgrebeni: devo chiederlo a Marco, che qua ci è venuto a vivere. Io Garniga vecchia la conosco solo perché di qui parte il Guardadocio, il mitico sentiero lastricato che nella vecchia guida dei fratelli Margoni era considerato il più esposto e difficile itinerario del tempo. Lo hanno fatto all’incontrario Giorgia e i bambini con la Dalfovo’s family e ci troviamo alla fontana del paese per un meritato spuntino. Il borgo sonnacchioso si anima delle grida dei nostri bambini, e un vecchietto esce da un’androne e propone ai bambini di andare a trovare l’asino al pascolo lì vicino. L’atmosfera è a dir poco bucolica, con gli orti ordinati nei prati, racchiusi in recinzioni per proteggerli dalla predazione degli ungulati. Le famiglie scendono a piedi verso Garniga nuova e poi di nuovo verso Ravina.
Io prendo la strada verso Cimone e Aldeno, oggi deserta e tutta per me.